Geopolitica

Piano statunitense a Gaza: Carte biometriche di riconoscimento ed un muro che divida Rafah dalla zona settentrionale

In una recente intervista del generale in pensione ed ex responsabile della Central Intelligence Agency statunitense David Petraeus rilasciata su Sky Tg News24 evidenzia il sostegno statunitense a Benjamin Netanyahu in merito all’ imminente invasione di Rafah, dove ricordiamo ad oggi sono accalcati circa 1.600.000 sfollati. Il generale chiarisce l’importanza di distruggere un futuro potere islamico militare che rappresenti il califfato come quello combattuto in passato in Iraq, Siria e Pakistan, la sua tesi conferma che l’attacco terroristico che pochi giorni fa ha causato la morte di quasi 150 persone a Mosca rappresenta ancora oggi un pericoloso potere di cellule terroristiche di fattura Islamica.

Secondo il militare ciò che è accaduto a Mosca in una delle nazioni più attente alla propria sicurezza prova definitivamente che la distruzione di Hamas consentirebbe più sicurezza al mondo intero, grazie all’annientamento di organizzazioni estremiste.

“ Non dimentichiamo che Hamas con le sue cellule rappresenta alcuni gruppi terroristici, la nostra intenzione è quella di dare sicurezza, quindi prima della ricostruzione di scuole, ospedali e tutti i servizi per la popolazione dobbiamo fare in modo che chiunque entri ed esca dalla Striscia sia provvisto di una carta di identità biometrica. La nostra considerazione è che sarebbe fattibile murare la parte settentrionale di Gaza, controllando così più facilmente i tunnel che ad oggi grazie al dispiegamento di numerose forze sul territorio abbiamo capito essere essenziali.”

Nella tesi del generale Petraeus si conferma l’importanza delle dichiarazioni recentemente rilasciate da Benny Gantz in cui afferma che per liberare Gaza bisognerà intervenire duramente, nonostante vi siano molti sfollati in quella zona. Dopo l’ agghiacciante dichiarazione la giornalista chiede se stia ufficialmente confermando una imminente invasione di Rafah, la risposta lascerà sgomenti:

“Certo, va fatto, con molta attenzione nei confronti dei civili ma per distruggere Hamas è essenziale, sarà importante capire come intervenire perché obiettivamente l’amministrazione americana ad oggi non sa come spostare più di un milione e cinquecento mila persone. Dovremmo spostarle in un’altra zona di Gaza perché è evidente che non lasceranno mai la loro terra. Dobbiamo fare in modo che quella zona resti isolata per distruggere i gruppi di rivolta. Sono anche d’accordo che queste persone abbiano bisogno di assistenza e che debbano essere portate via da li.”

La giornalista di Sky Tg24 sottolinea che le perdite civili ad oggi siano veramente troppe e se il governo statunitense si renda conto che i morti per fame siano in continuo aumento, la risposta del generale chiarisce che nei mesi scorsi sono stati lanciati volantini per la sicurezza della popolazione e che finita l’operazione bisognerà comprendere come dare assistenza sia agli abitanti di Gaza sia a quelli nella Cisgiordania occupata, eliminando definitivamente Hamas e le cellule terroristiche di Al Qaeda. Dichiara inoltre che ancora non è stato stabilito un piano preciso per l’invasione di Rafah.


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Antonietta Chiodo

Antonietta Chiodo Attualmente ha concluso la sua collaborazione con News Academy Italia. Antonietta Chiodo si occupa di diritti umani da sempre, nasce a Roma ma si diploma alla scuola del cinema di Milano, nel 2006 il progetto grafico da lei realizzato per denunciare la violazione dei diritti umani in Africa, creato in collaborazione con il Gruppo Abele e la Cooperazione Internazionale viene applaudito a Bruxelles. Nel 2012 passa un breve periodo nelle favelas brasiliane per documentare la vita dei bambini di Salvador de Bahia. Impegnata costantemente accanto al popolo palestinese passa un periodo della sua vita nei territori occupati nella Cisgiordania, documentando la difficoltosa vita della popolazione di Jenin, ricevendo così il premio da Amnesty International “ Giornalismo per i Diritti Umani”. Nel 2016 si impegna sulle coste calabresi per denunciare la sparizione dei minori non accompagnati. Nel 2017 conduce un importante progetto con un gruppo di minori ed insegnanti di un villaggio alle porte di Hebron. Oggi ancora lavora come fotoreporter e reporter per denunciare la costante violazione dei diritti umani, è curatrice della mostra fotografica itinerante Hurry Up in favore della liberazione di Julian Assange.

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