In una deriva orwelliana che avrebbe sconvolto persino l’autore stesso, le forze di difesa israeliane hanno superato il limite della decenza umana e morale. A Gaza, secondo quanto riportato, droni armati riproducono i suoni strazianti di bambini che piangono e donne che gridano in preda al terrore, per poi sparare a morte su chi si azzarda a cercare i propri cari. Siamo testimoni di una tattica barbarica, degna di un distopico romanzo di fantascienza, eppure dolorosamente reale.
L’accusa rivolta a Israele non è semplice propaganda; si tratta di un macabro teatro di guerra che si svolge nelle strade buie e nei vicoli del campo profughi di Nuseirat, dove la vita civile è stata trasformata in un inferno senza contatto con il mondo esterno. I droni, questi moderni cavalieri dell’apocalisse, non solo mimano i rumori della guerra ma anche della vita quotidiana, spingendo gli inermi civili a esporsi a un pericolo mortale.
Queste pratiche sono ben documentate. Diversi testimoni e video autenticati rivelano truppe dell’IDF che, con un cinismo glaciale, si divertono nell’esercizio della loro macabra efficienza. Ciò che leggiamo e vediamo non è frutto di una mente malata che immagina orrori: è la registrazione fedele di una tragica realtà.
È scioccante, quasi paralizzante, considerare fino a che punto può arrivare la depravazione umana quando indottrinata da ideologie perverse e razziste. Tali tattiche richiamano alla memoria i più oscuri periodi della storia umana, da Auschwitz a Srebrenica, dove la sistematica deumanizzazione degli altri ha giustificato atti inconcepibili.
Questa strategia di terrorismo psicologico si fonda su un indottrinamento che inizia dall’infanzia, dove viene insegnato che un “altro” è inferiore, non meritevole degli stessi diritti, della stessa considerazione. Questo è il terreno fertile su cui germogliano il genocidio e l’apartheid, come dimostrato dalla storia recente di molte potenze mondiali, inclusi gli Stati Uniti.
E così, mentre il mondo assiste, l’impero israeliano continua a perpetrare questi crimini con un’impunità e con l’inquietante complicità internazionale. Le sanzioni e le condanne si susseguono, ma la macchina della guerra, lucidamente oliata, continua il suo corso devastante.
Noi, testimoni esterni, siamo chiamati non solo a riconoscere e denunciare queste atrocità, ma anche a combattere la propaganda che le avvolge. Dobbiamo educare, informare, e svelare le menzogne. Solo ampliando la nostra consapevolezza e quella altrui possiamo sperare di scalfire il muro di indifferenza e cambiare il corso degli eventi.
La storia ci ha insegnato che ogni cambiamento significativo nella società è preceduto da un cambio di coscienza. Promuovere tale consapevolezza non è solo un dovere ma una necessità, se desideriamo mai vedere un futuro in cui tali orrori non siano più tollerati né tantomeno concepibili. La vera battaglia si combatte nell’arena delle idee e della conoscenza; solo lì possiamo sperare di erigere un baluardo contro l’oscurità che minaccia di inghiottire intere popolazioni a causa della follia di pochi.
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