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In Cisgiordania uccisi 117 bambini dal 7 ottobre e arrestate nuovamente donne rilasciate nell’accordo di scambio.

Le false narrazioni israeliane sono ormai evidenti a tutti. La vita degli ostaggi israeliani a Gaza, purtroppo, non sembra influenzare il disegno di Benjamin Netanyahu e degli Stati Uniti. Terminare il disegno iniziato nel 1948 è chiaramente una priorità per loro. D’altra parte, l’inaffidabilità in qualsiasi accordo è un motivo importante per cui Hamas non intende cedere ai tranelli sionisti.

La resistenza islamica resta quindi ferma sul motto “Tutti per Tutti”, questa regola basilare sostenuta da Ismail Haniyeh conferma la decisione conforme a tutti i gruppi di resistenza palestinese per il rilascio incondizionato dei prigionieri nelle carceri israeliane tra cui donne e bambini, nell’eventuale accordo resta confermata la richiesta della liberazione di 100 prigionieri condannati all’ergastolo.

Nell’ultima settimana figurano 45 persone rapite da Israele nella Cisgiordania occupata, portando così il numero di detenuti dal 7 ottobre 2023 a 9.400, gli arresti sembra siano principalmente concentrati nella zona di Gerusalemme Est, avvenuti soprattutto nel periodo del Ramadan, i fedeli sono stati rapiti mentre si allontanavano al termine della preghiera dalla moschea di Al-Aqsa.
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Il Club dei Detenuti conferma inoltre che il numero dei bambini rapiti superi i 200, tra questi 23 minori provenienti dalla Striscia di Gaza.

Le associazioni per i diritti umani dichiarano che il 2023/24 sia stato il periodo più sanguinoso per i bambini palestinesi dove l’IDF sino ad oggi ne ha uccisi 15.000 sulla Striscia di Gaza e 117 in Cisgiordania, un numero purtroppo in continuo aumento che andrà ad infangare per sempre la memoria dell’occidente democratico.

In sei mesi sono in totale 500 i bambini che hanno subito la detenzione, aggrediti e picchiati durante i rapimenti dalle loro case, dall’uscita da scuola o in strada mentre giocavano con i loro compagni.
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Teniamo a precisare in questo articolo che ogni anno dal 1948 Israele rapisce dai 500 ai 700 bambini nella totale violazione del diritto internazionale e nel vergognoso silenzio dei media italiani e occidentali.

Come confermato nei precedenti articoli all’interno delle prigioni israeliane i bambini subiscono aggressioni, abusi sessuali e ritorsioni di ogni tipo distruggendo così definitivamente la loro infanzia, condannandoli non solo alla perdita dell’innocenza ma costringendoli a valutare l’idea del suicidio durante il periodo di detenzione.

Nei giorni scorsi l’IDF nella città di Ramallah sita nella Cisgiordania occupata ha rapito nuovamente alcune giovani ragazze che vennero liberate durante il primo accordo di scambio, tra queste vi è la studentessa Layan Kayed dell’università di Birzeit. La giovane era già stata rapita nel 2020 e detenuta per 16 mesi per attivismo politico, arrestata nuovamente nel giugno 2023.

Da mesi anche i rappresentanti legali palestinesi chiedono che alle organizzazioni occidentali femministe di prendere una posizione ben definita in merito ai crimini israeliani contro le donne palestinesi, inoltre è stato più volte confermato che le abitazioni delle persone rilasciate durante l’accordo di scambio avvenuto nel 2023 vengono quasi quotidianamente invase dai militari israeliani, picchiando e minacciando i residenti.

Le due ragazze catturate nuovamente nell’ultima settimana risultano essere quindi Layan Kayed e Layan Naser, entrambe studentesse all’università di Birzeit, detenute oggi nel carcere di Damon, definito tra i più duri in questo periodo.
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Nelle ultime 24 ore Israele ha arrestato in Cisgiordania altri 20 palestinesi nel villaggio di Tulkarem, vi aggiorniamo attraverso i recenti dati ufficiali:

  • Donne arrestate: 272 comprese le donne provenienti dalle terre occupate nel 1948, oltre alle donne di Gaza che sono state arrestate in Cisgiordania.
  • Bambini: 500
  • Giornalisti: 66 (45) sono ancora in arresto e (24) condannati alla detenzione amministrativa.
  • Detenzioni illegali amministrative: 4.852 emesse dal 7 ottobre.

Le campagne di detenzione sono la conseguenza di numerosi crimini e violazioni come aggressioni, vandalismo e distruzione nelle case dei detenuti, confisca di auto, oro e denaro, oltre alla distruzione di infrastrutture soprattutto nei campi profughi di Tulkarem e Jenin.

Le statistiche includono i detenuti che sono stati arrestati dalle loro case, ai posti di blocco, quelli arresi e quelli trattenuti come ostaggi. Oltre alle campagne di detenzione, le forze israeliane hanno attuato esecuzioni sul campo, picchiato i detenuti e i loro familiari. Risultano 14 detenuti i martirizzati nelle carceri israeliane dopo il 7 ottobre a causa di crimini sistematici di tortura, aggressione, politica di fame, isolamento e la crescente negligenza medica che è la ragione principale del decesso:

  • Omar Daraghmeh da Tubas
  • Arafat Hamdan da Ramallah
  • Majed Zaqqul da Gaza
  • Abdulrahman Maree da Salfit
  • Thaer Abu Assab da Qalqilia
  • Abdulrahman Bahsh da Nablus
  • Muhammad Sabbar da Hebron
  • Khaled Shawish da Tubas
  • Ezz Al-Deen Banna da Gaza
  • Assef Refae da Ramallah
  • Ahmad Qdaih e Jumaa Abu Ghnaimeh
  • Walid Daqqa
  • Muhammad Abu Snaineh, martirizzato nell’ospedale di Hadassa

I media israeliani confermano l’uccisione in carcere di 27 detenuti palestinesi ma il numero è sicuramente maggiore perché il governo Netanyahu ne detiene illegalmente i corpi, i dati non includono i casi di detenzione da Gaza. Vale la pena ricordare che le forze di occupazione hanno arrestato centinaia di lavoratori provenienti dalla Striscia di Gaza verso la Cisgiordania, oltre ai cittadini di Gaza che in precedenza si trovavano in Cisgiordania per le cure mediche.

Il numero totale di detenuti nelle carceri israeliane è di 9.400 compresi più di 3.661 detenuti amministrativi e 849 detenuti di Gaza classificati come combattenti illegali.


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Antonietta Chiodo

Antonietta Chiodo Attualmente ha concluso la sua collaborazione con News Academy Italia. Antonietta Chiodo si occupa di diritti umani da sempre, nasce a Roma ma si diploma alla scuola del cinema di Milano, nel 2006 il progetto grafico da lei realizzato per denunciare la violazione dei diritti umani in Africa, creato in collaborazione con il Gruppo Abele e la Cooperazione Internazionale viene applaudito a Bruxelles. Nel 2012 passa un breve periodo nelle favelas brasiliane per documentare la vita dei bambini di Salvador de Bahia. Impegnata costantemente accanto al popolo palestinese passa un periodo della sua vita nei territori occupati nella Cisgiordania, documentando la difficoltosa vita della popolazione di Jenin, ricevendo così il premio da Amnesty International “ Giornalismo per i Diritti Umani”. Nel 2016 si impegna sulle coste calabresi per denunciare la sparizione dei minori non accompagnati. Nel 2017 conduce un importante progetto con un gruppo di minori ed insegnanti di un villaggio alle porte di Hebron. Oggi ancora lavora come fotoreporter e reporter per denunciare la costante violazione dei diritti umani, è curatrice della mostra fotografica itinerante Hurry Up in favore della liberazione di Julian Assange.

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